(Da caritasroma.it) – “Diverse espressioni della carità con cui la Chiesa partecipa alle vicende umane e alla storia dei popoli per contribuire alla costruzione della città dell’uomo, affinché questa si edifichi come luogo di vero umanesimo.” Così il cardinale vicario, Agostino Vallini, ha descritto il documento programmatico “Roma Città Reciproca” nel convegno di presentazione che si è svolto sabato 23 giugno all’Auditorium “Parco della Musica”. Davanti ad oltre quattrocento partecipanti, tra i quali, in rappresentanza del CeIS don Mario Picchi, il Presidente Roberto Mineo e la Vicepresidente Patrizia Saraceno, il vicario del Santo Padre ha salutato l’iniziativa, “capace di unire le molteplici opere presenti nella città e che esprimono quella fantasia della carità suscitata dallo Spirito Santo”.
Il cardinale Vallini, ricordando come i Padri della Chiesa abbiano indicato nella carità “il grande segno che induce a credere al Vangelo”, ha sottolineato come essa, in questo tempo di “secolarizzazione avanzata”, sia “il segno che pervade l’annuncio". Per questo, ha esortato, “la predilezione per i poveri deve caratterizzare sempre più la vita della comunità cristiana quale autentico messaggio evangelico.”
Da qui, secondo il porporato, di fronte alla molteplicità dei problemi della città di Roma – le gravi forme di povertà, la difficoltà delle famiglie, la caduta delle regole sociali, le tante solitudini – “è urgente che la Chiesa di Roma continui a dare una testimonianza che educhi”. Un’opera che, secondo Vallini, deve essere fatta “insieme”, come si prefigge “Roma Reciproca”, perché “l’unione dei carismi non risponde primariamente ad un valore di efficienza e di utilità pratica, ma a un’esigenza intrinseca all’essere discepoli del Signore”. Una scelta, ha sottolineato il cardinale, che va ancorata ad una “fede robusta e gioiosa” per evitare che le organizzazioni che la promuovono “perdano la loro identità e siano percepite come organizzazioni sociali”.
Un tema questo su cui è tornato il direttore della Caritas diocesana, monsignor Enrico Feroci, che ha illustrato i contenuti del documento programmatico. “Non vogliamo – ha detto Feroci – essere visti come gli autovelox della morale sociale o come i barellieri della città, ma piuttosto come sentinelle capaci di accorgersi e di far accorgere”. Per questo, ha sottolineato il direttore della Caritas, la scelta di utilizzare il termine “reciprocità” ad indicare “quel tipo di socializzazione in cui si cerca la massimizzazione dello scambio tra le persone”. Il sacerdote ha ricordato come “le nuove povertà siano frutto di una profonda crisi dei valori”, in una fase storica in cui “si sono annacquati i concetti di solidarietà e giustizia” e si è portati a “sostituire il legittimo interesse al diritto”. Da questo discente, secondo Feroci, la scelta educativa fatta da “Roma Reciproca”, che conferma “con tenacia e fiducia la disponibilità a servire la città di Roma”.
Alla prima parte dell’incontro hanno partecipato anche il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, e la vicepresidente del Censis, Carla Collicelli, presentando un quadro nazionale e locale della situazione socio-economica; nella seconda parte si è svolta invece la tavola rotonda “Roma città reciproca: proposte per una convivenza fraterna e cristiana” con i rappresentanti delle organizzazioni promotrici.
«Una crisi economica figlia dell’egoismo, del ‘morbo dell’io’ che ha oscurato le ragioni del vivere comunitario e che non passerà fino a quando non torneremo a mettere al centro la persona umana». Così Don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco, ha aperto la tavola rotonda che ha avuto come protagoniste le 13 organizzazioni che hanno aderito al ‘laboratorio pastorale’ promosso dalla Caritas diocesana. Solitudini, disgregazione sociale, nuove povertà e accesso alla salute sono i quattro i temi al centro del confronto che, come ha spiegato lo stesso Don Albanesi, moderatore del dibattito insieme al giornalista Piero Damosso, «accomunano nell’impegno sociale tutte le esperienze coinvolte nel progetto».
Maurizio Dell’Unto, di Compagnia delle Opere, parlando della crisi economica ha approfondito il tema degli stili di vita. «Ritengo – ha precisato Dell’Unto – che non sia né giusto e né corretto subire la crisi pensando di addossare le colpe a qualcuno, o ignorarla, comportandosi come se nulla stesse accadendo. Siamo invece fermamente convinti che la crisi possa essere un’occasione, anzitutto di cambiamento personale».
Per Paolo Ciani della Comunità di Sant’Egidio, la crisi economica ha fatto emergere in modo drammatico le solitudini. Una persona su cinque in Italia appartiene a famiglie fatte di single non vedovi, monogenitori non vedovi, famiglie ricostituite e unioni libere. «Le nostre città – ha detto Ciani – sono popolate sempre più da individui che decidono di non condividere stabilmente con qualcuno il loro futuro. Dicono che non si sentono pronti. Dicono che non ne vale la pena. Forse hanno paura». Il rappresentante di Sant’Egidio si è soffermato sulle tante solitudini della città, spesso frutto di «drammatici eventi improvvisi»: una dolorosa separazione, uno sfratto, la fine di un contratto temporaneo che non viene rinnovato, un licenziamento, una malattia improvvisa. «Succedeva anche ieri, – ha spiegato Ciani – ma oggi, è tutto senza rete. In un attimo ti giochi tutto e precipiti in basso. E non c’è più chi ti raccoglie».
Una situazione che appare in tutta la sua drammaticità in ambito sanitario, in particolare per malati e disabili. A illustrarlo, documentando casi concreti, è stato Don Pino Venerito dell’Opera Don Guanella.
«Attualmente – ha denunciato – sembra assurta ad unica preoccupazione quella di pareggiare i bilanci e poco importa se così facendo si creano gravi disagi alle fasce fragili della cittadinanza». Per il religioso occorre invece «tornare a considerare la salute come benessere complessivo della persona, un diritto non negoziabile e da rispettare a prescindere dalle risorse economiche che si hanno a disposizione».