I dati sono impietosi: la crisi continua a mordere e un termometro per misurarla e’ il numero, in crescita in un anno (dal 2011 al 2012) del 20%, delle persone che si rivolgono ai centri d’ ascolto della Caritas italiana, all’ interno delle quali aumenta di circa il 16% la percentuale degli italiani che chiedono aiuto rispetto agli stranieri immigrati, essendo passati dal 29% a quasi il 35%. Una situazione di disagio che si allarga anche all’ area sociosanitaria, con la rinuncia a visite e cure mediche per non sottrarre le poche risorse disponibili alla lotta per la ‘ sopravvivenza’. Quanto alla ‘ radiografia’ dell’ utente dello sportello Caritas – i cui dati sono stati resi noti nel convegno nazionale di Montesilvano – il 50% e’ coniugato, il 64% disoccupato, il 17% senza fissa dimora, il 5% pensionato, ma c’ e’ anche un 18% che ha un’ occupazione. Numeri che vanno assemblati con i dati Istat che fotografano un livello di poverta’ che coinvolge l’ 11% delle famiglie italiane: il 5% di quelle che abitano al Nord, il 6% al Centro e ben il 23% al Sud. Sono di diverso tenore i problemi che vengono segnalati: il 36% lamenta una situazione di grave indigenza, il 33% denuncia la mancanza di un lavoro oppure un’ occupazione precaria, il 10% ha problemi abitativi perche’ sotto sfratto o senza casa e ben il 44% si dice bisognoso di cibo, farmaci, abiti necessari a sopravvivere.
La Caritas indica le “tipologie sociali emergenti a forte rischio di poverta’ ed esclusione sociale”: si tratta di “adulti di eta’ compresa tra 40 e 50 anni improvvisamente disoccupati dopo una vita di lavoro regolare; giovani che lavorano sulla base di contratti a tempo determinato, collaborazioni occasionali, lavori stagionali, che cambiano continuamente settore di lavoro e tipo di mansione”. E ancora: “piccoli imprenditori che devono fronteggiare bancarotte, fallimenti, difficolta’ di mercato, indebitamenti, usura; immigrati che hanno perso il lavoro a causa della crisi o riassorbiti nel lavoro nero; anziani che si fanno carico di figli e nipoti disoccupati attingendo ai propri risparmi di una vita, vendendo l’ abitazione di proprieta’, chiedendo un prestito alle banche”. “Nel contesto sociale di questi nostri tempi, con una crisi economica che sembra non passare mai, vengono colpite sempre piu’ duramente ampie fasce di popolazione – sottolinea il presidente della Caritas italiana, monsignor Giuseppe Merisi – e la Chiesa e’ chiamata a moltiplicare gli sforzi e a verificare il modo di intendere il servizio delle Caritas nei diversi territori”.
“I dati che registriamo sono oggettivi e purtroppo parlano da soli – denuncia all’ Adnkronos il direttore della Caritas italiana, monsignor Francesco Soddu – Il nostro e’ un grido d’ allarme che vuole anche essere un grido di speranza. I dati di fatto parlano di una nuova poverta’, economica, sociale, perfino sanitaria, che rappresenta la punta dell’ iceberg di una vecchia poverta’, di un disagio e di un malessere molto piu’ diffuso di quanto comunemente non si pensi. Alla crisi va data una risposta di comune responsabilita’”. Il religioso sottolinea che “il contatto con la gente ci permette di capire quali sono i bisogni emergenti e agire di conseguenza sotto tutti i punti di vista, non solo economici e sociali ma anche di sostegno umano e spirituale, creando una rete di solidarieta’ e di carita’, che poi e’ il tessuto stesso della Chiesa. Bisogna andare all’ origine di questo malessere, agli stili di vita e alla prospettiva di un’ esistenza, che dalla riconquista di un benessere materiale si trasferisca a un benessere che sia anche morale, psicologico e spirituale”. A commento dei dati presentati al convegno nazionale di Montesilvano, la Caritas italiana osserva che “dopo alcuni anni di ‘ normalizzazione’ sociale della poverta’, si evidenzia un ritorno a situazioni di marginalita’ e di esclusione sociale, aumentando i casi di poverta’ estrema e diminuendo le realta’ di semplice vulnerabilita’ sociale”
fonte: adnkronos