Si chiama “gambling” ed è quella sfrenata passione per il gioco che dà dipendenza come una droga, in un’altalena di euforia e depressione, dove ciò che conta è la voglia di vincere e provare il brivido del rischio. Una malattia che può essere curata anche con l’auto-aiuto, soluzione alla portata di tutti.
“Un’enorme scarica di adrenalina, un’eccitazione fortissima e un senso di onnipotenza, questo per me era il gioco.” Claudio parla al passato della sua ossessione per il gioco d’azzardo, in particolare per i videopoker. Dopo 12 anni di puntate, vincite e, ovviamente. molte perdite, ha deciso di rivolgersi al programma Rien ne va plus del CeIS di Roma e qui ha trovato il modo per uscire da un incubo che stava per distruggergli l’esistenza.
A pochi giorni dalla conclusione del programma di riabilitazione, parla con distacco del suo passato difficile. “Giocare era il mio modo di richiamare l’attenzione delle persone che amavo, un modo per sentirmi accettato, forte, considerato. Ma è evidente che era tutto sbagliato. Oggi, con maggiore consapevolezza, riesco a guardare con serenità alla mia vita, ai miei punti deboli e non ne ho più paura”.
LE RAGIONI DI UNA PSICOPATOLOGIA
Comprare biglietti della lotteria, gratta e vinci, scommettere ai cavalli, giocare al lotto, la schedina o dedicarsi ai videopoker e ai numerosi giochi profusamente offerti dai casinò sono varie forme in cui si manifesta quello che il senso comune considera un passatempo o un’abitudine sociale, come il bere alcolici, fumare, guardare la televisione e anche navigare in Internet. Ma fino a che punto questi comportamenti rimangono socialmente accettabili e quando possono diventare invece problematici? Da sempre l’uomo è abituato a dedicare parte del suo tempo al gioco e a godere del divertimento che esso produce. Il gioco ha sempre fatto parte di tutte le culture del mondo, antico e moderno. Non mancano esempi di giocatori patologici nella storia: dagli imperatori romani Caligola e Nerone, sino a Fjodor Dostojevskij (autore del Giocatore, scritto proprio per far fronte ai debiti di gioco). Il gioco è una tappa fondamentale dell’infanzia, una delle esperienze formative attraverso cui il bambino può prendere coscienza delle proprie qualità e potenzialità. Ma “giocare” non è solo prerogativa dell’infanzia; nell’età adulta il gioco diviene una forma di distrazione e di relax. Per queste ragioni giocare d’azzardo o, in generale, dedicarsi a varie tipologie di gioco, non è di per sé dannoso. In certi casi può essere una piacevole evasione dalla routine quotidiana per scaricare le tensioni accumulate o per provare l’emozione connessa al gusto del rischio. Diverso è se si gioca in maniera inadeguata, con eccessiva polarizzazione mentale, per un tempo eccessivo, magari sottratto agli impegni personali o familiari, con elevata spesa e con evidenti conseguenze economiche, sociali e familiari. I disturbi psicopatologici che portano la persona a giocare in modo eccessivo hanno a che vedere con l’alterazione dell’umore, nervosismo, irritabilità, ansia, aumento dell’impulsività. Il gambling patologico è una malattia emotiva, perché il bisogno di giocare d’azzardo è incontrollabile e domina il pensiero e l’energia del giocatore compulsivo, così che tanta energia viene spesa nel pianificare come, quando e dove giocare. Il divertimento svanisce ed è rimpiazzato dall’ansia di trovare i soldi per la successiva avventura di gioco e per pagare i debiti. Quando il giocatore ha questo desiderio forte di giocare non riesce più a smettere. Perde il controllo e si convince che sia impossibile smettere di giocare, il che è soltanto una scusa per continuare. I gamblers generalmente pensano di non poter esercitare nessun controllo sulle proprie azioni, si sentono costretti a giocare e anche se sono coscienti che il gioco è dannoso. Una vera e propria droga. E così vivono in uno stato di tensione perpetua, incapaci di rilassarsi a causa dell’ossessivo bisogno di fare scommesse e di guadagnare denaro per giocare ancora. Né riescono a gestire lo stress e le pressioni di ogni giorno. Tutto ciò ha inevitabili conseguenze nella vita familiare, lavorativa e sociale. Dal punto di vista familiare, l’enorme mole di denaro e di tempo spesi nel gioco, l’affetto negato in famiglia, l’abbandono delle proprie responsabilità di coniuge e genitore compromettono gravemente e a volte irrimediabilmente il rapporto. Dal punto di vista lavorativo, il calo dell’efficienza, l’assenteismo, i fallimenti comportano crisi che spesso si concludono con la perdita del lavoro stesso. Infine, dal punto di vista sociale il giocatore vede modificarsi il proprio concetto di moralità, accade così che, spesso, per finanziare la propria attività di gioco, egli commetta reati di vario genere, pur essendo stato fino ad allora una persona irreprensibile. Manca, infatti, nel giocatore la consapevolezza di commettere un crimine: per lui o lei non si tratta di rubare, ma di prendere soldi in prestito, da restituirsi con la grossa vincita che – non ne dubita – arriverà.
NON PIÙ EROI SCELLERATI O DECADENTI
Ma chi è oggi il malato d’azzardo? Mauro Croce, psicologo e psicoterapeuta, sostiene: “Troppo spesso si ha del gioco d’azzardo una visione elitaria, estrema, relativa a mondi lontani e diversi che, proprio per questo, ci affascinano. Oggi, invece, più semplicemente i giocatori d’azzardo non sono eroi scellerati o decadenti che giocano la loro fortuna al tavolo verde con puntate da capogiro, ma persone come noi, il vicino di casa, l’uomo qualunque che si gioca lo stipendio al bar sotto casa”. Volendo tentare un identikit del giocatore affetto dal disturbo del gioco d’azzardo patologico si può dire che non presenta caratteristiche di età, sesso o di classe sociale che lo rendano riconoscibile. In genere possiede una vita di relazione insoddisfacente, specialmente dal punto di vista sessuale. Durante la giornata sperimenta più emozioni spiacevoli che piacevoli e si accosta al gioco, almeno in un primo periodo, non tanto per vincere quanto per ottenere quell’emozione che gli manca. Si trattiene spesso fuori casa, dove non si trova più a suo agio, adducendo varie scuse. Ha una vita sociale povera, ama e ricerca sensazioni forti e rischiose, vanificando le piccole e genuine emozioni del quotidiano. Coltiva l’illusione di controllare il gioco o per sua volontà o per abilità personale. A volte ha difficoltà a controllare i propri impulsi, reagendo in modo spropositato alla provocazione subita o all`evento stressante. Infine, ha una condotta mendace che investe non solo le spese di gioco o le perdite, ma le più svariate e comuni situazioni della vita.
PER CHI NON RIESCE A SMETTERE
Ma come si cura un giocatore che non riesce a smettere? Adrienne Ciaravino, responsabile del progetto Rien ne va plus CeIS di Roma, sostiene che la patologia del gioco d’azzardo va trattata come le altre manifestazioni di dipendenza. “Il sintomo è solo una parte del problema. I nostri servizi si rivolgono a persone con problemi di dipendenze e comportamenti d’abuso, compresi il gioco d’azzardo e la dipendenza da psicofarmaci. Il progetto Rien ne va plus prevede colloqui di valutazione, gruppi di incontro, psicoterapie individuali. Una sorta di palestra dell’anima dove la gente riscopre le proprie potenzialità e le traduce nella prassi del quotidiano rivolgendole all’autonomia e all’autodeterminazione”.
Molti psicologi ritengono che il gioco d’azzardo patologico, come tutte la dipendenze, è una malattia cronica. L’obiettivo della cura deve essere dapprima l’astinenza dal comportamento e successivamente il raggiungimento di una condizione di sobrietà, cioè un cambiamento dello stile di vita che permetta di essere più forti verso le ricadute. Ma per prima cosa è necessaria una motivazione al trattamento, perché non si può intervenire su chi non è motivato. Il giocatore patologico, in genere, non percepisce il suo comportamento come una malattia, ma lo giustifica come un vizio. E ritiene di poter smettere in qualsiasi momento. Per questi motivi chi ha superato la soglia del cosiddetto gioco sociale non accede quasi mai spontaneamente allo studio dello specialista.
Una volta diagnosticata la patologia, si stipula un contratto terapeutico tra il paziente, la famiglia e il terapeuta, che comprende un eventuale ricovero e la strutturazione del programma.
In genere si agisce su vari piani: in senso farmacologico con degli antidepressivi serotoninergici che riducono l’impulso a giocare. Poi si aggiungono colloqui col terapeuta e una terapia di gruppo. Si lavora anche con la famiglia o la coppia e si cerca di risolvere i mille problemi che la dipendenza ha creato, per esempio cercare un legale per ripianare i debiti di gioco. Alla fine viene associato un tutor che aiuta a recuperare i legami con il mondo.
LA PREVENZIONE ESISTE
Fin qui le soluzioni per uscire dal problema. Ma è possibile ipotizzare un intervento preventivo per la malattia da gioco?
L’intervento più efficace non sta nella messa al bando di giochi e lotterie, ma più a monte. Parte dall’informazione dell’opinione pubblica e dalla prevenzione nelle scuole.
Si deve tener presente che la patologia del gioco d’azzardo viene recepita con molto distacco. Difficilmente ci si rende conto che può esistere. E’ auspicabile una presa di coscienza anche a livello sociale, politico, religioso e soprattutto culturale, perché questa sarà la dipendenza del futuro.
E Adrienne Ciaravino, responsabile del progetto Rien ne va plus del CeIS, aggiunge: “Questa dipendenza è in forte aumento. Il fatto che se ne occupino strutture e servizi del pubblico e del privato abituate a trattare tossicodipendenze, alcolismo, ecc. è un fatto molto significativo. Perché vuol dire che sono in grado di aggiornarsi e di rispondere ai nuovi bisogni. E perché vuol dire che, qualunque sia il sintomo compulsivo e patologico che si manifesta, resta fondamentale agire sulla persona nel suo complesso, sulla sua sofferenza e sul suo disagio, qualunque nome gli si possa dare”.
Buonasera,
ho un nipote di 36 anni che è un ludopatico. Ma il gioco d’azzardo non è o non è stato, la sua unica dipendenza. Ha fatto uso e abuso di alcol e cocaina, e adesso non so se assume ancora sostanze, anche se credo la matrice sia la stessa. Dopo anni che tento di aiutarlo, dandogli un posto di lavoro, motivandolo, etc, oggi ho visto che ha utilizzato 835 euro in due ore, dal mio conto paypal, di cui aveva le credenziali. Era già successo qualche mese fà, dicendomi di essersi sbagliato. La rabbia e la delusione sono state enormi, e gli ho detto che per me è fuori dalla mia vita. Ho detto a suo fratello maggiore di occuparsene, insieme ai loro genitori. Mi ricontattate ?
Vorrei essere contattata ho un figlio di 17 anni con problemi di gioco
The characteristics will continue to work as a means of allowing an individual to determine what is going on and also to
try one’s handout at-all of the activities.
Vorrei fare qualcosa per me ….perché sono cosciente di avere questa malattia….ludopatia ….
Aspetto una vostra chiamata …
Cordiali saluti Peter
Ho bisogno di aiuto!!! Sono anni che gioco e non riesco a smettere..potete contattarmi.non ce la faccio più! Grazie
Vorrei essere contattata il mio compagno ha 30 anni ed ha problemi di gioco.
Buon giorno vorrei chiedere aiuto per la mia famiglia ormai logorata e disgregata a causa del problema di mio marito, fino ad un anno fa lui è stato molto abile nel mascherare il suo problema ora non avendo più creditori sta iniziando a mandare in rovina la sua vita e quella di tutta la famiglia che non c’è la fa più io sono annientata… Vi prego aiutatemi
Buongiorno, chiedo di poter essere aiutato …. ho un figlio di 26 anni con dipendenza da gioco ed altri problemi.
Sono ludopatia al punto di avere crisi di astinenza fortissime, sono depressa già in cura con dei farmaci, ho perso tutto e tutti, compreso il mio compagno 5 anni fa, morto per malattia improvvisa, da allora sono uscita fuor di testa, ho avuto due ricoveri in clinica psichiatrica, ormai penso che la mia vita finirà così, solitudine e povertà.