Roberto Mineo: “Droghe leggere e pesanti distinzione ipocrita e artificiosa. Educazione e prevenzione non bastano”. Un grazie al Papa e una parola ai candidati sindaci di Roma
Tra i mali del mondo per cui Papa Francesco ha elevato un’accorata preghiera, durante la Veglia di giovedì scorso “per asciugare le lacrime”, c’è anche quello delle dipendenze. “Sono le nuove prigionie di cui l’uomo è schiavo”, ha affermato il Pontefice, pregando Dio di liberare chi ne è oppresso. Un ennesimo gesto di attenzione da parte del Papa verso questa piaga della società che, in tempi recenti, è tornata a mietere vittime. Già a febbraio, durante la Quaresima, il Papa aveva visitato durante uno dei “Venerdì della Misericordia” la sede del Centro Italiano di Solidarietà don Mario Picchi del comune di Marino, che dagli anni ’60 si occupa di prevenire e contrastare l’esclusione sociale delle persone, con particolare attenzione alle tossicodipendenze. Una visita rimasta nel cuore dei 55 ospiti presenti come racconta il presidente del CeIS Roberto Mineo. Proprio a Mineo abbiamo chiesto di offrirci un quadro dell’attuale situazione delle dipendenze e del traffico di droga in Italia; e lo scenario che rivela, soprattutto a Roma, è a dir poco “inquietante”. Di seguito l’intervista per ZENIT.
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Ancora una volta Papa Francesco è tornato a denunciare il dramma delle dipendenze. Può offrirci una panoramica dell’attuale situazione in Italia?
Anzitutto vorrei esprimere profonda gratitudine al Papa per questo suo costante impegno nel ricordare al mondo intero il dramma di chi è schiavo delle dipendenze. C’è un drammatico ritorno dell’eroina in Italia, iniettata in vena; ultimamente le Forze dell’Ordine hanno scoperto tre raffinerie al Nord e sono numerosi i sequestri. Il Ministero della Salute sta facendo tanto, in stretta sinergia con chi come noi è sul territorio e combatte ogni giorno la battaglia contro tutte le dipendenze, per contrastare efficacemente questi fenomeni.
Come mai questa nuova ondata in Italia?
Sicuramente nel nostro paese non si registrano le cifre allarmanti che si registrano altrove (soprattutto negli Stati Uniti), tuttavia anche l’Italia è interessata da questo drammatico fenomeno di ritorno che, a differenza degli anni ’70 ed ’80, non si limita più soltanto alle grandi città ma riguarda sempre più giovani anche nelle periferie o nei piccoli centri. A causare i nuovi picchi di consumo di eroina non è solo la sua maggiore disponibilità, e, quindi, il costo relativamente accessibile, ma anche la sempre maggiore difficoltà a reperire analgesici a causa dell’inasprimento delle leggi al riguardo. Al nostro paese spetta inoltre il triste primato del maggior numero di utenti dei centri di cura con età superiore ai 40 anni: segno di un problema cronicizzato e non confinato ad un “fenomeno adolescenziale”. L’Italia risulta infatti un crocevia sulle rotte del traffico internazionale di droga, soprattutto per quanto riguarda quella prodotta in Afghanistan. A differenza degli anni ’70 e ’80, quando proveniva soprattutto dal sud-est asiatico, oggi il business degli oppiacei parte appunto dall’Afghanistan e, attraverso la Russia e poi i Balcani, arriva in Italia da dove spesso viene anche smerciata negli altri paesi europei.
Restringendo il campo a Roma, qual è la situazione?
Inquietante. Come del resto nelle grandi città… Roma, nel dettaglio, registra un aumento nel consumo del 37% rispetto al dato di due anni fa; e non è solo l’eroina ma è piuttosto la nuova “moda” del policonsumo, come la definiscono gli stessi dirigenti della sezione antidroga della squadra mobile, che la fa da padrona. Gli acquirenti di stupefacenti tendono sempre di più a sperimentare un’assunzione multiforme, alla disperata ricerca di sensazioni nuove e diverse per fornire risposte ad un malessere sempre più diffuso. Non è più tanto la quantità a preoccupare, quanto la varietà delle sostanze che si possono trovare sul mercato. Nell’era dei social, poi, lo “sballo” viaggia anche in rete: le droghe sintetiche si acquistano facilmente on line e, già come un tempo per i rave-party, anche qui vale la regola del passaparola. La sfida urgente e non rinviabile è quindi quella di evitare che soprattutto i giovanissimi (8 studenti romani su 10 fumano cannabis o altre droghe, come risulta da un indagine basata su un campione di tremila liceali capitolini) possano entrare in possesso dei nuovi stupefacenti facendoseli spedire direttamente a domicilio, in maniera anonima e camuffata, ovviamente.
Alla luce di questi dati allarmanti, quale messaggio vuole dare ai candidati sindaci della Capitale in vista delle prossime amministrative?
Al di là delle dichiarazioni di comodo e degli slogan elettorali, sarebbe necessario acquisire l’onesta consapevolezza che l’uso della droga è comunque deleterio e pericoloso e non è certo sufficiente un richiamo isolato o, peggio, un distinguo fra droghe leggere e droghe pesanti (è una distinzione ipocrita ed artificiosa perché la droga resta sempre e solo un fattore di sradicamento dalla realtà ed una dipendenza che preclude qualsiasi altro interesse, qualsiasi nome e forma essa assuma) ma occorre una presa di posizione netta, ponderata e scientificamente consapevole sui danni irreversibili che essa può produrre, senza indulgere ad atteggiamenti o manifestazioni che intendono assecondare mode ed atteggiamenti “giovanilistici” o falsamente libertari. Ci aspettiamo perciò che il nuovo sindaco della Capitale, coordinandosi con le Associazioni che da anni si battono in prima linea, prenda a cuore tutte le gravi problematiche sociali che investono Roma, mettendo a rischio il futuro stesso dei nostri giovani.
Nella lotta del CeIS alle dipendenze c’è anche quella contro il gioco d’azzardo. Sempre il Papa recentemente ha definito tale fenomeno un “deserto” dei nostri giorni per cui la gente “perde la vita”, oltre che i soldi. Ci può approfondire anche questo aspetto?
Il CeIS ha iniziato da molti anni ad occuparsi anche della dipendenza dalle cosiddette “non sostanze” tra cui quella del gioco fa la parte del leone, assieme ad altre non meno gravi, come quella dai vari apparati di connessione e condivisione sui social. Il “deserto” cui allude Papa Francesco è quello della vita e dei rapporti umani che si inaridiscono sempre di più fino a spegnersi del tutto, sacrificati sull’altare della ricerca di un benessere fittizio e di un senso di potenza che un’illusoria vittoria al gioco può fornire. Vittoria che, nei rarissimi casi in cui si realizza, non è invece altro che la porta dell’inferno su cui si affacciano le proprie vite e quelle dei propri cari destinate ad un tracollo finale che tutto travolge: famiglia, affetti, lavoro.
Quali sono le politiche da adottare, dunque?
Sicuramente quelle dell’educazione e della prevenzione, ma non solo. Alla diffusione capillare nelle scuole di informative e metodi che facciano pienamente luce su questi nuovi pericoli – attività in cui il CeiS è da numerosissimi anni impegnato non solo sul territorio capitolino – vanno affiancate necessariamente ed urgentemente politiche che frenino, se non eliminino del tutto, il proliferare di locali in cui si pratica il gioco 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana (“bingo”) o delle cosiddette agenzie dove si svolgono “scommesse legali”, ma dove l’unico vincitore certo sono solo le finanze dello Stato. Timidi interventi tesi a premiare quegli esercenti virtuosi che hanno deciso di abolire nei loro esercizi commerciali l’uso di macchine mangiasoldi (slot, poker elettronico, etc.) non sono certamente sufficienti a debellare il problema anche perché l’invito a gettarsi a capofitto su questi “passatempi” proviene spesso da pubblicità esplicite sui media e sugli stessi canali della TV di Stato.
Vorrei citare ancora Papa Francesco. Immagino sia ancora vivida tra gli ospiti del CeIS la visita del Pontefice di febbraio. Qual è il messaggio che vi ha affidato il Papa e come state cercando di realizzarlo?
Papa Francesco, fin dal giorno della sua elezione al soglio pontificio, si è proclamato il primo difensore degli “ultimi” e nel CeiS ha visto uno strumento che da quasi mezzo secolo incarna la missione dell’accoglienza e del sostegno verso le categorie più disagiate. Il Papa ha particolarmente apprezzato il fatto che in questi ultimi anni il CeIS ha esteso i suoi interventi anche verso quei soggetti che prima non ricadevano strettamente tra coloro bisognosi di un aiuto immediato ma che gli ultimi anni di crisi e di disagio hanno invece spinto ai margini della società, sia per cause di natura economica, politica, sociale o di valori: nuovi poveri, senza fissa dimora, minori non accompagnati, ragazze-madri vittime di violenza, padri separati, migranti.
fonte: ZENIT
Essere e Tempo di Martin Heidegger
Bisogna vedere in che dimensione si vive, nel passato, nel presente o nel futuro? Che sono in pratica le tre dimensione relativistiche einsteniane del tempo. In quale dimensione temporale viviamo abitualmente? Quali anomalie riscontriamo nell’essere eccessivamente in questa o quella dimensione? Queste sono le risposte che si possono cercare nella lettura della seconda parte del libro Essere e Tempo di Heidegger, il Parmenide del 2000! Non bisogna considerare l’uomo macchina del meccanicismo ma l’uomo essere della dimensione temporale soggetto alle leggi del tempo! L’uomo concreto, mortale che tende alla morte e nient’altro. E qui si nota la forte influenza di Nietzsche di cui Heidegger fu eccellente interprete. L’essere in balia del tempo, non c’e’ essere senza il tempo, e’ nel tempo che si disvela la natura dell’essere. Sarebbe concepibile un essere atemporale? Una entita’ cosi’ astratta come il tempo produce la materia! E’ questo il mistero della vita. La vita e’ una derivazione del tempo. “Il tempo”, e’ la dimensione che appare come un derivato dell’essere ma vero e’ il contrario.
Rocco Saladino – Basilicata