agi – agenzia italia
“Nessun Giubileo nella storia della Chiesa aveva mai consentito a un numero così alto di fedeli, certamente diverse centinaia di milioni, di ottenere l’indulgenza oltrepassando una Porta Santa, come invece è stato possibile con quello che sta per concludersi, che è stato davvero un anno di misericordia”. Tiene a sottolinearlo l’arcivescovo Rino Fisichella, delegato pontificio per l’Anno Santo Straordinario, che – in un’intervista rilasciata all’AGI – assicura: “Abbiamo testimonianze da vescovi di tutto il mondo che concordemente dicono di aver accolto le più grandi folle di fedeli a memoria d’uomo nelle loro cattedrali e ringraziano Papa Francesco per la straordinaria novità delle migliaia di Porte Sante diffuse sul territorio, che concretamente hanno consentito di vivere questa occasione di grazia a tutti quelli che lo desideravano e anche e soprattutto ai poveri e a quanti comunque non avevano i mezzi per affrontare un viaggio a Roma”.
Monsignor Fisichella lei contesta dunque quanti parlano invece di un “flop”? “Ritengo del tutto fuorvianti i bilanci che in questi giorni hanno evidenziato un impatto economico minore del previsto sulla Capitale, intanto perché non è questo il criterio con il quale si può valutare il successo o meno di un’iniziativa come l’Anno Santo della Misericordia, e poi perché i numeri dicono esattamente il contrario. E anzi anche a Roma sono stati alti: 21 milioni di pellegrini hanno oltrepassato la sola Porta Santa di San Pietro. Una quantità rilevantissima nonostante la crisi economica che continua a mostrare i suoi effetti nelle difficoltà di tante famiglie e il crescendo di tensioni e violenze che in diversi luoghi del mondo, a tutte le latitudini possiamo dire, hanno accompagnato questi mesi. In conseguenza di ciò i controlli di polizia evidentemente necessari e le altre misure rafforzate di sicurezza hanno certamente rallentato il flusso dei pellegrini che a Roma si sono sottoposti a lunghe file davanti a San Pietro e alle altre Basiliche papali, ma mai ho sentito qualcuno lamentarsi o protestare. Anzi anche questi aspetti sono stati pazientemente vissuti io credo nell’ottica della misericordia, compresa dai fedeli come quanto mai necessaria e determinante anche per la pace. In definitiva il messaggio del Giubileo è stato proprio l’offerta di un tempo della misericordia che si concretizza in gesti di perdono e di pace”.
Quale potrebbe essere allora un bilancio corretto del Giubileo della Misericordia? “Il vero successo non è stato quello dei numeri, anche se di successo si può parlare senza tema di smentite anche in riferimento alla partecipazione dei fedeli. Il risultato più importante sta in un vero e proprio cambiamento di prospettiva nella azione stessa della Chiesa: la misericordia infatti era un po’ messa al margine. Ed ora, invece, attraverso la grande occasione pastorale del Giubileo voluto da Papa Francesco con un’intuizione profetica, la misericordia è stata messa al centro, rilanciando il messaggio che Giovanni Paolo II aveva lanciato 30 anni fa all’inizio del suo Pontificato con la straordinaria enciclica Dives in misericordia che nel Giubileo voluto da Papa Francesco ha trovato la sua realizzazione. E ci è richiesto adesso un grande sforzo di continuità per mantenere questa dimensione come centrale in tutti gli aspetti della vita della Chiesa. Ma, assicura l’arcivescovo, “almeno sotto il profilo delle intenzioni non sarà difficile: la misericordia ha mille volti come le povertà e nuove povertà nel mondo”.
Possiamo dunque segnalare la riscoperta delle opere di misericordia come l’eredità principale di questo Giubileo? “Certamente sì. In questi mesi è emerso con forza nel popolo di Dio il desiderio e l’esigenza di vivere e dare volto all’amore misericordioso di Dio. E’ a partire da qui che si dovrebbe considerare la riuscita del Giubileo. Credo che ognuno, nel corso di questo Anno Santo, si sia sentito interpellato a impegnarsi per far diventare la misericordia il proprio stile di vita. Papa Francesco ha suggerito di riprendere tra le mani le opere di misericordia corporale e spirituale per viverle ogni giorno, così da attuare una vera e propria ‘rivoluzione culturale’: la rivoluzione della misericordia. La sfida, al termine del Giubileo, è la nostra capacità di metterla in pratica”.
Per molti osservatori questo è stato anche il Giubileo dei gesti… “E’ vero, Papa Francesco ne ha donati molti alla Chiesa, a partire da quello del tutto inedito dell’apertura della prima Porta Santa a Bangui, la capitale di un paese in guerra, divenuta quel giorno, come disse il Pontefice stesso, capitale del mondo. Ma i gesti sono stati tanti: ha sorpreso non poco vedere il Papa che è sceso a confessare i giovani in piazza San Pietro e che a Cracovia ha raggiunto in tram la Porta Santa del Giubileo dei giovani. Certo un grande valore lo hanno avuto anche i venerdì della misericordia, caratterizzati sempre da grande emozione per noi che lo accompagnavamo ma anche per le persone cha andava a trovare, quasi sempre senza annunciarsi. Nella casa per anziani, meta della prima visita, il Papa è entrato e quei vecchietti lo guardavano come se non credessero ai loro occhi. Poi lo hanno circondato e iniziato a toccarlo. Al CeIS – dove gli hanno offerto una pizza – noi lo abbiamo aspettato insieme agli ex tossicodipendenti giocando a ping pong. Al reparto di neonatologia del San Giovanni sono arrivato poco prima di Francesco. ‘Tra un quarto d’ora viene il Papa’, ho annunciato al personale.” ‘Ma è uno scherzo?’, mi hanno replicato. Poi il Papa, col camice verde, è entrato dove erano genitori che vivevano in quel momento una grande sofferenza perché i loro piccoli non ce l’avrebbero fatta. Una mamma ha voluto che prendesse in braccio il suo bambino che per un attimo era fuori dall’incubatrice. “Non so se sono capace”, ha confidato Francesco quando glielo ha messo tra le mani. E nella casa famiglia è stata una bambina che lo ha preso per mano per fargli da guida”.
L’ultimo di questi appuntamenti dei venerdì della misericordia forse li riassume tutti: Francesco è andato a trovare famiglie formate da sacerdoti che hanno abbandonato il ministero e che vivono una certa marginalità nella Chiesa… “Io conoscevo questi giovani. Papa Francesco ha inteso offrire loro un segno di vicinanza e di affetto. L’ingresso del Papa nell’appartamento è stato segnato da grande entusiasmo: i bambini si sono raccolti intorno al Papa per abbracciarlo, mentre i genitori non trattenevano la commozione”. Un gesto fortemente apprezzato da tutti che hanno sentito non il giudizio del Papa sulla loro scelta, ma la sua vicinanza e l’affetto della sua presenza. Il tempo è passato veloce; il Papa ha ascoltato le loro storie, e ha seguito con attenzione le considerazioni che venivano fatte circa gli sviluppi dei procedimenti giuridici dei singoli casi. La sua parola paterna ha rassicurato tutti sulla sua amicizia e sulla certezza del suo interessamento personale. In questo modo, ancora una volta, Papa Francesco ha inteso dare un segno di misericordia a chi vive una situazione di disagio spirituale e materiale, evidenziando l’esigenza che nessuno si senta privato dell’amore e della solidarietà dei Pastori.
Salvatore Izzo