La «Settimana della scuola» continua con una domanda che mira a esplorare la figura, il lavoro e il missione del Docente Comandato…
Per rispondere a questa domanda, abbiamo scelto di ripubblicare un articolo di ANNA PELLICCIONI, docente in comando presso il CeIS: articolo che tutt’ora troviamo attualissimo perché spiega nel dettaglio come la figura del docente comandato sia in grado di spaziare tra diverse macroaree d’intervento, trasformando il docente in una «sentinella» in grado di osservare e decodificare i cambiamenti sociali prima della scuola; una posizione strategica che permette uno scambio d’informazioni più rapido e consapevole, ma soprattutto la possibilità di creare in anticipo modelli d’intervento e recupero, a fronte di un’emergenza scolastica che continua a peggiorare.
Ecco che la figura del docente comandato diventa una figura fondamentale per tutte le Comunità: non solo perché in grado di offrire un vasto spettro più ampio di riflessioni e indicazioni metodologico-operative per la prevenzione, l’intervento e la valutazione di azioni educative nel campo dei comportamenti a rischio degli adolescenti, degli adulti, e delle figure di riferimento… ma perché in grado di far comunicare realtà apparentemente diverse, grazie a un continuo monitoraggio sull’evoluzione del sociale. Qui sotto l’articolo completo…
La legge del 23 dicembre 1998, n. 448 – articolo 26, comma 8, 9 e 10 stabilisce il “…collocamento fuori ruolo e comandi dei dirigenti scolastici e del personale docente presso: enti e associazioni che svolgono attività di prevenzione del disagio psico-sociale, assistenza, cura, riabilitazione e reinserimento di tossicodipendenti…..”
I comandi degli insegnanti, con almeno cinque anni di ruolo, nell’ambito del disagio, sono stati regolamentati inizialmente dalla L.270/82 art.14, dalla L.162/90 e dalla L.309/90
Le normative, in alcuni casi “lungimiranti”, sono state il primo passo di un percorso che ha visto, in un dibattito ondivago, “i distaccati” come degli “imboscati” ci chiediamo: “…chi lascia la scuola per andare a svolgere un servizio con orari ed impegni molto gravosi?”) ed allo stesso tempo degli “intrusi” (visti dalla parte degli educatori e degli operatori delle Comunità), rappresentanti di un mondo che, il più delle volte, ha contribuito al fallimento delle persone disagiate.
Da allora molti docenti in tutta Italia hanno affrontato questo percorso sociale e formativo; alcuni continuano ad operare in questo settore accumulando un’esperienza pluridecennale, altri sono rientrati dopo un periodo di distacco nella scuola, sicuramente con un occhio nuovo e con un bagaglio formativo complesso e ricco.
Il docente comandato nel momento in cui entra ad operare in una comunità entra in un modello sociale ed organizzativo nuovo ed affascinante, completamente diverso dalla struttura organizzativa della scuola statale.
L’obiettivo del suo intervento rimane comunque costante e coerente con la sua mission di insegnante: diffondere e valorizzare l’apprendimento come fattore di crescita e sviluppo personale e sociale.
Molto diverse sono però le modalità con cui opera, soprattutto per il confronto continuo in equipe multidisciplinari che osservano per loro stesse natura le persone e il loro vissuto da punti di osservazione diversi.
Le stesse modalità di intervento sono diverse proprio per questa differenza di punto di osservazione; è diverso anche il ruolo che ogni equipe di insegnanti ha all’interno della propria comunità, per cui ognuno si modella ed adegua alla realtà sociale e comunitaria in cui opera; è inoltre diversa la realtà sociale su cui si opera, diversa perche sono diverse le mission e le realtà operative delle singole comunità. Ma tutto questo rappresenta una ricchezza e un bagaglio socio- formativo che non andrebbe disperso…
E’ una storia, una ricchezza, un incontro, un confronto continuo a volte difficile ed allo stesso tempo entusiasmante, perché quando rivedi una persona con la quale “hai camminato insieme” ed è uscita dai suoi malesseri, ti rendi conto che un po’ di te ha testimoniato nuove prospettive di vita. E la ricchezza personale dell’insegnante comandate diviene risorsa per la scuola, in un momento così critico in cui tutti i dibattiti nazionali ed internazionali pongono al centro l’importanza dell’istruzione, con una lettura “alta” che spesso ha difficoltà a collegarsi alla lettura “bassa “e quotidiana dei problemi.
Viviamo una fase storica di transizione sociale con alcuni macroproblemi di ordine storico e sociale, che quotidianamente diventano microproblemi con un forte impatto sociale e relazionale; l’interscambio tra queste due realtà è continuo e veloce, al punto che si parla di società liquida e in continua trasformazione. Da sempre la scuola per sua natura si è trovata ad affrontare queste nuove dinamiche, ma la struttura burocratica e verticistica non le permette la necessaria agilità a sperimentare e trovare soluzioni in tempi brevi, e anche quando trova una soluzione i cambiamenti sociali in atto impongono nuove emergenze su cui riflettere. Da questo nasce la continua e affannosa rincorsa alla gestione e controllo del cambiamento in atto, sempre sul piano del microproblema, che genera in tutti gli operatori scolastici sconcerto e crisi identitaria. Il docente comandato rappresenta nei confronti di questa situazione un ponte e una “sentinella”. Il ruolo del ponte è quello di collegare punti diversi in modo stabile e continuo in modo da permettere il passaggio di persone, idee e cose in ambedue i sensi. La sentinella è la persona che vede le cose prima degli altri, che permette al gruppo di “dormire” tranquillo, che analizza ciò che incontra e sa decodificare i messaggi che arrivano, che sa trovare soluzioni a realtà nuove ma che contemporaneamente crea un ponte e un legame tra realtà diverse, trovando le modalità per affrontarle. Sperimenta modalità di intervento che poi comunica al gruppo per meglio operare.
La struttura operativa delle comunità in cui operiamo, permette al docente comandato di percepire e vedere i cambiamenti sociali prima della scuola, di costruire e sperimentare modelli di integrazione, intervento e recupero in modo più flessibile, con continui feedback sui risultati, di lavorare in equipe multidisciplinari, che vedono e osservano il problema da più punti di vista, di costruire una rete fra diverse comunità in modo di confrontare le diverse realtà sociali e così avere una visione il più ampia possibile, anche se non esaustiva, di come stia evolvendo la realtà sociale, ma soprattutto di quali siano gli strumenti più efficaci per incontrarla, di operare un monitoraggio continuo sull’evoluzione del sociale. Tutto questo avviene rimanendo “docenti” con una forte identità del ruolo e una forte coscienza dell’identità culturale che ci appartiene, ma declinata con modalità diverse.
La prevenzione del rischio e l’educazione al benessere e alla salute degli adolescenti rappresentano una delle sfide più difficili degli ultimi anni. Vi sono impegnati insegnanti, educatori, operatori sociali, psicologi, associazioni, enti e strutture sanitarie, famiglie: si tratta di un tema di valenza psicosociale che, per la sua profonda ampiezza, investe il campo operativo di diversi “professionisti dell’adolescenza”. La scuola, luogo deputato alla formazione, alla crescita e all’acquisizione di consapevolezza, è spesso teatro di un annoso, irrisolto problema: come affrontare il malessere psicologico dello studente, che si traduce in disamore per lo studio, bocciature, abbandono, insicurezza e frustrazione generalizzata.
I docenti comandati presso le comunità terapeutiche offrono un vasto spettro di riflessioni e indicazioni metodologico-operative per la prevenzione, l’intervento e la valutazione di azioni educative nel campo dei comportamenti a rischio degli adolescenti, degli adulti, e delle figure di riferimento. L’accento viene posto su quelle importanti abilità-capacità individuali (le life skills), come pensiero critico, empatia, problem solving, capacità relazionali, che possono rivelarsi un’utile risorsa nella prevenzione di comportamenti a rischio…