«Bisogna condannare la corruzione e i legami tra potere e narcotraffico», dice il segretario di stato, «promuovendo i valori che danno senso alla vita»
Sullo sfondo i 43 studenti che protestavano contro la corruzione del Paese, scomparsi nel 2014, e dei quali ancora si cercano i corpi. Uccisi di sicuro, secondo le testimonianze degli stessi carne
ci, narcotraffi
canti del gruppo Guerreros Unidos. Per loro papa Francesco aveva pregato, a poche settimane dal rapimento e dall’ uccisione dei ragazzi, parlando delle sofferenze del popolo messicano per questo e «per tanti problemi simili». Il Messico che aspetta il Papa mostra tutte le sue contraddizioni: violento e cattolico, meta dei poveri che si spostano nel Paese dalla fragile frontiera Sud del Chiapas, e sempre in guerra nel confi
ne Nord, lungo la linea che lo separa dagli Stati Uniti. Il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin ci guida a capire il significato di questo viaggio.
Eminenza, perché questa visita in Messico?
«Il viaggio di papa Francesco in Messico si inserisce nell’ Anno giubilare della misericordia. Come lui stesso, con espressione direi poetica, ha indicato lo scorso 12 dicembre, festa di Nostra Signora di Guadalupe, il viaggio intende essere “una semina di amore misericordioso nel cuore delle persone, delle famiglie e delle nazioni” e un pellegrinaggio per chiedere “in maniera forte” alla Vergine che “le comunità cristiane sappiano essere oasi e fonti di misericordia, testimoni di una carità che non ammette esclusioni”. Questa grazia egli la chiederà per tutti gli ambienti e le realtà del Paese. Si incontrerà, infatti, con le autorità civili e con le comunità indigene, si recherà in un ospedale e in un carcere, parlerà ai giovani, alle famiglie, al mondo del lavoro, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose. Nello stesso tempo, la chiederà per tutta l’ America, di cui Maria è madre e imperatrice. Le parole che Ella rivolse a san Juan Diego: “Perché hai paura? Non sono forse qui io che sono tua madre?” ritorneranno certamente più volte sulla bocca del Santo Padre, come stimolo e incoraggiamento ad affrontare le non poche difficoltà del presente e lavorare insieme per avanzare nella costruzione di un futuro migliore per tutti i figli e le figlie di un Paese meraviglioso e ricco di storia, di risorse, di potenzialità, come ho potuto io stesso sperimentare negli anni della mia permanenza a Città del Messico».
Come affrontare anche il problema del narcotraffico?
«Il problema della droga e del narcotraffico è una delle piaghe dell’ intero continente. Bisogna, innanzitutto, alzare la voce per condannare la corruzione e i legami che esistono tra certe strutture di potere e i cartelli della droga e i narcotrafficanti, cosicché costoro possono agire liberamente e impunemente. Inoltre, si deve operare in tutti gli ambiti legati al fenomeno, a livello soprattutto di educazione e di prevenzione: promuovere una formazione ai valori che danno senso alla vita, insistere sulla legalità e sulla sobrietà, creare una coscienza sempre più avvertita circa il pericolo della droga, incidere sulle cause sociali, quali la povertà e la disoccupazione, offrire concrete prospettive di uscita dalla dipendenza attraverso progetti di vita alternativi, sostenere le famiglie e le comunità che lottano contro la droga e si prendono a carico quanti ne sono vittime, sanare i territori e i quartieri periferici spesso difficili e degradati. La Chiesa ha un grande contributo da portare a questo scopo e non mancherà certo di continuare a svolgere il suo ruolo».
FONTE: famigliacristiana.it