ITALIA, Hiv: 4000 nuovi casi all’anno, 150mila i sieropositivi, prevalentemente 36enni. Boom omosessuali: +10-15% nella fascia d’eta’ 16-25. Sono i dati diffusi a Roma in occasione della VI edizione di I.C.A.R. (Italian Conference on AIDS and Retrovirus), promossa da SIMIT (Societa’ Italiana Malattie Infettive e Tropicali). Il congresso, fino al 27 maggio, propone un inedito e tridimensionale approccio tra scienza di base, ricerca diagnostico-clinica, competenze delle associazioni di pazienti e/o delle comunita’ colpite dall’HIV. In questi ultimi anni il numero di nuove diagnosi di infezione da HIV si e’ stabilizzato su circa 4000 nuovi casi all’anno. Nel 2012, piu’ della meta’ delle segnalazioni sono pervenute da tre regioni: Lombardia (27,6%), Lazio (14,5%) ed Emilia-Romagna (10,4%). E’ possibile stimare che circa 150mila persone in Italia siano sieropositive. Il dato allarmante e’ che l’eta’ in cui viene posta la diagnosi sia sempre piu’ alta con una eta’ mediana di 38 anni per i maschi e di 36 anni per le femmine. Questo dato si accompagna alla conferma che la diagnosi viene posta sempre piu’ frequentemente troppo tardi, quando l’infezione ha gia’ determinato gravi danni all’immunita’. Dalla meta’ degli anni Ottanta ad oggi la distribuzione dei casi per modalita’ di trasmissione ha subito un notevole cambiamento: la proporzione di casi dovuti alla trasmissione per scambio di siringhe e’ diminuita dal 76,2% nel 1985 al 5,3% nel 2012, mentre sono aumentati i casi attribuibili a trasmissione sessuale. In particolare, i casi attribuibili a trasmissione eterosessuale sono aumentati dall’1,7% nel 1985 al 42,7% nel 2012 e i casi attribuibili a trasmissione omosessuale nello stesso periodo sono aumentati dal 6,3% al 37,9%. ”Il Lazio rappresenta una delle regioni maggiormente colpite – spiega Massimo Andreoni, Presidente del Congresso e Presidente SIMIT – con una incidenza di nuovi casi di infezione di HIV pari a 8,8 casi per 100.000 persone residenti. Nella regione sono stati segnalati circa 10.000 casi di AIDS. I farmaci che oggi possediamo sono estremamente efficaci ma non in grado di eradicare l’infezione e quindi il trattamento della malattia deve essere considerato cronico per tutta la vita con le conseguenze che questo puo’ determinare”. Gli specialisti temono che ”denunce di infezione possano essere sottostimate rispetto ai casi effettivi – aggiunge il prof. Perno, Professore Ordinario di Virologia Universita’ di Roma Tor Vergata e Direttore Scuola di Specializzazione in Microbiologia e Virologia – ma al di la’ dei numeri, cio’ che ci colpisce sono le nuove popolazioni: aumentano le infezioni per i giovani omosessuali, che pensavamo protetti dalle campagne d’informazione. Inoltre l’Italia e’ tra i fanalini di coda in Europa come tempo della diagnosi: e’ troppo tardiva, in fase avanzata, e questo significa minori chance di tornare alla normalita’ anche con una terapia antivirale efficace, nonche’ maggiori chance di contagio di altre persone nel lungo periodo che intercorre tra l’infezione e la diagnosi (tardiva). La colpa e’, purtroppo, semplice: la totale assenza della percezione della malattia e la completa incoscienza di fronte alla gravita’ della stessa. Sesso sregolato e mancanza di percezione del rischio e della conseguente necessita’ di proteggersi, al giorno d’oggi, sono i principali fattori che favoriscono il contagio: rimane importante il ruolo delle droghe, soprattutto cocaina, che abbassano i freni inibitori e provocano un cedimento dello stato coscienzioso e dell’autocontrollo, soprattutto tra i giovani. Si puo’ calcolare un aumento di infezioni, negli ultimi anni, del 10-15% nella fascia piu’ giovane, tra i 16 e i 25 anni, soprattutto a causa di rapporti omosessuali”.
FONTE ADUC 26/05/2014