Da una ricerca curata da Auser, insieme con Gruppo Abele e all’associazione Libera emerge una spesa media annua dichiarata di 589 euro, vale a dire 50 euro al mese. Ma secondo taluni ricercatori in realtà gli anziani giocherebbero molto più di questa cifra, ma si vergognano di rivelarlo. È facile che, in condizioni di difficoltà, cadano nelle braccia degli usurai di quartiere
Luigi Crimella
“Nel giro di venti anni il dilagare oltremisura delle opportunità di gioco, insieme a una pubblicità martellante e quasi sempre ingannevole, ha determinato in Italia una situazione paradossale. In un paese in cui crescono tutti gli indici delle vecchie e delle nuove povertà; in cui la disoccupazione ha raggiunto livelli insostenibili e gli anziani sono sempre più a rischio di esclusione per la carenza di servizi sociali il fatturato dell’azzardo ha raggiunto i 90 miliardi di euro. Sostenuta da agguerrite lobbies delle società concessionarie, dentro e fuori il parlamento, l’industria del gioco non avverte la crisi; al contrario si nutre della crisi e della speranza di molte persone, in grande parte anziane, che una vincita possa migliorare la propria condizione di vita”: con queste parole Marica Guiducci introduce la ricerca curata da Auser, insieme a Gruppo Abele e all’associazione Libera dal titolo “L’azzardo non è un gioco”, presentata lunedì 3 marzo. Frutto di un migliaio di questionari distribuiti tra altrettanti anziani sopra i 65 anni di età, la ricerca prova a decifrare le dinamiche del gioco tra quanti sono in età avanzata, per lo più in pensione, cercando di cogliere entità, frequenza, investimento economico, stato di “dipendenza”, conseguenze sul piano personale, familiare, sociale. Il fenomeno non è affatto trascurabile: a tutti sarà capitato di vedere qualche arzilla signora, o qualche aitante “nonno”, col suo pacchettino di ricevute del Lotto o del Gratta e Vinci alle ricevitorie. Giocano con metodo, addirittura quasi con baldanza, raggiungendo cifre che fanno impallidire i più giovani. E la motivazione più comune è di rimpinguare la pensione, di solito giudicata magra e insufficiente.
Anziani più esposti al rischio di “patologia”. Un primo aspetto preoccupante che emerge dalla ricerca riguarda la percentuale di potenziali “dipendenti patologici” dal gioco d’azzardo tra gli anziani: ebbene, mentre gli studi epidemiologici più conosciuti parlano di una incidenza tra l’1 e il 3% del totale dei giocatori, dall’indagine Auser emerge un preoccupante 7,9%, che sommati ai giocatori di “media problematicità” porta la quota a rischio a un elevatissimo 16,4%. I giochi preferiti dagli anziani sono quelli cosiddetti “passivi”, cioè dove non si mette alla prova la propria abilità ma si conta solo sulla fortuna: essi sono il Lotto, Superenalotto, Winforlife, Grattaevinci vari (60%) insieme a Totocalcio e altri giochi (10%) mentre le slot sono scelte dal 5,4%. Gli anziani dichiarano di recarsi volentieri a giocare alle ricevitorie perché oltre tutto “incontrano” altre persone, socializzano, condividono la loro “passione”. Quanto ai redditi dichiarati, il 40% sta tra i 1.000 e i 1.500 euro al mese netti, il 16% arriva a 1.800, mentre il 30% sta sotto i 1.000 euro. Le puntate possono toccare anche i 50 euro al Bingo, i 25 al Grattaevinci, i 100 al Lotto, anche se nella realtà gli anziani parlano di giocate di 5-10 euro fino ai 20 euro giocati alle tradizionali “carte”. La spesa media annua dichiarata ad Auser è stata di 589 euro, vale a dire 50 euro al mese, una quindicina la settimana: secondo taluni ricercatori in realtà gli anziani giocherebbero molto di più di questa cifra, ma non lo dichiarano per una sorta di atavico “pudore” e di “vergogna” per questa che considerano una debolezza.
Sale gioco, “compro-oro” e usurai di quartiere. A riguardo della autoconsapevolezza degli anziani circa i rischi del gioco d’azzardo, l’avvocato Attilio Simeone, coordinatore nazionale del “Cartello ‘Insieme contro l’azzardo’”, istituito da parte della Consulta nazionale delle Fondazione Antiusura Giovanni Paolo II Onlus, mette in guardia: “Dalle 28 fondazioni in tutte le parti d’Italia con i loro 250 centri di ascolto – dichiara – viene un unico campanello d’allarme: su 10 casi di usura che dobbiamo affrontare, la metà ha come matrice l’azzardo. Chi gioca e diventa schiavo del gioco compulsivo prima o poi cade nelle maglie dell’usuraio, e ciò riguarda anche gli anziani. E oggi l’usuraio sta cambiando pelle. Non siamo più di fronte alla vecchia figura del taglieggiatore violento e sfrontato, ma della nuova figura, quasi più ‘gentile’, dell’usuraio di quartiere, di prossimità, quello che tu conosci e che non denunceresti mai perché siete cresciuti insieme. Ebbene – sottolinea Simeone – quest’ultimo guarda caso opera vicino alle sale gioco, alle ricevitorie e ai ‘compro-oro’, che sono i nuovi protagonisti del pullulare di sale bingo varie, dove la gente semplice va, perde, e per continuare a giocare sperando nel riscatto, pian piano impegna tutto l’oro di famiglia”. L’avvocato è molto critico anche verso lo Stato che “continua a insistere su una tassazione del gioco d’azzardo che in realtà si traduce in una perdita secca. Infatti, se oggi lo Stato incassa globalmente circa 8 miliardi di euro dai vari giochi, in realtà ne perde 30 sia per i danni sociali, personali, sanitari cui deve far fronte, sia perché favorire il gioco rispetto all’economia reale rappresenta una perdita secca e senza ritorno”. La giusta risposta secondo Simeone sarebbe di “erodere il terreno al gioco dal basso, partendo dall’educazione di giovani e non più giovani, ma questo vorrebbe dire essere consapevoli che la vera ricchezza non viene dal rischio, ma dal saper investire su ciò che davvero conta: il lavoro, l’occupazione, la creatività”.