OMELIA S. MESSA CEIS
Roma, 22 dicembre 2016
Cari amici,
Cari fratelli e sorelle in Cristo
Sono molto lieto di essere nuovamente qui con voi nell’imminenza del Natale per celebrare l’Eucaristia.
Un anno fa abbiamo idealmente aperto la Porta Santa della misericordia al CEIS, seguendo l’intuizione profetica di Don Mario Picchi, e in questo Giubileo straordinario della misericordia, da poco concluso, abbiamo visto gli abbondanti frutti di bene che il Signore ha suscitato in tutto il mondo. L’intuizione feconda di un “Giubileo delle periferie” ha poi reso più facile per tanti uomini e donne riconciliarsi con Dio.
Si è concretizzato l’auspicio con il quale il Papa aveva indetto l’Anno Santo: “Questo è il momento favorevole per cambiare vita! Questo è il tempo di lasciarsi toccare il cuore. Davanti al male commesso, anche a crimini gravi, è il momento di ascoltare il pianto delle persone innocenti depredate dei beni, della dignità, degli affetti, della stessa vita. Rimanere sulla via del male è solo fonte di illusione e di tristezza. La vera vita è ben altro. Dio non si stanca di tendere la mano. È sempre disposto ad ascoltare” (Misericordiae vultus, 19).
Queste parole il Signore le rivolge ora anche a noi, a pochi giorni dal suo Natale: “Questo è il momento favorevole per cambiare vita! Questo è il tempo di lasciarsi toccare il cuore“. E chissà quante volte, prima di varcare l’ingresso del CEIS, ognuno di voi ha meditato su queste parole. Avete pensato alle vostre famiglie, alle vostre mogli o ai vostri mariti, ai vostri figli e avete deciso di cambiare vita, di lasciare la strada della droga, che spesso è anche strada di corruzione, per ritornare sulla via del bene. L’unica strada che ci indica Gesù che si è fatto uno di noi per condividere le nostre debolezze e sofferenze, ma anche le nostre gioie, risorgendo a vita nuova con ciascuno di noi, nessuno escluso.
Avete fatto tanta strada dal momento in cui avete deciso di vincere le dipendenze e di non farvi vincere da esse. Siete ben consapevoli che vi aspetta ancora un lungo cammino da fare insieme con i vostri buoni samaritani, i vostri educatori, che saluto e ringrazio per l’impegno che vivono ogni giorno accanto a voi, condividendo il peso delle vostre non facili esistenze. Così come saluto e ringrazio il Presidente del Centro Italiano di Solidarietà, Sig. Roberto Mineo, e la Vicepresidente, Sig.ra Patrizia Saraceno, che portano avanti con amore e passione il progetto del vostro fondatore Don Mario Picchi. Egli ebbe il sostegno concreto del Beato Paolo VI e di San Giovanni Paolo II, il quale inaugurò questa struttura, la quale oggi può contare sul sostegno di Papa Francesco.
Nel Vangelo che la liturgia odierna ci propone abbiamo ascoltato il Magnificat che la Madonna pronuncia quando visita la cugina Elisabetta. Maria non si vanta perché è arrivata prima tra le sue compagne, non si mette sul piedistallo ricercando applausi, non cerca di ottenere il maggior numero di “Mi piace” su Facebook, bensì loda il Signore perché “ha guardato l’umiltà della sua serva“. E si mette subito al servizio della cugina Elisabetta, anche lei incinta.
É questo l’atteggiamento che ci viene chiesto da Dio: l’umiltà. Solo se Egli ci trova umili e docili alla sua volontà può operare nelle nostre vite dei cambiamenti straordinari per farci camminare sulla strada del bene. É un invito a non chiudersi in se stessi in un tempo in cui qualcuno vorrebbe perfino alzare muri per impedire a chi soffre per la violenza delle guerre e la fame di trovare un rifugio sicuro. Penso ai nostri fratelli profughi che, come la Sacra Famiglia in fuga in Egitto per sottrarsi alla persecuzione del re Erode, bussano alle nostre porte, spesso dopo aver attraversato il mare in viaggi di fortuna durante i quali molti di essi, tra cui tanti bambini e donne incinte, perdono la vita. Come ci ha ricordato il Papa, “essere migrante non è delitto, bensì un invito a un maggior impegno con la dignità di tutto l’essere umano” (Discorso per il conferimento del Premio Carlo Magno, 6 maggio 2016).
Nel Magnificat, però, Maria sottolinea anche un altro aspetto: “Di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono“. E aggiunge: “Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia“. É questo il messaggio del Vangelo che Papa Francesco ha voluto farci riscoprire nell’Anno Santo. Un messaggio di misericordia che non finisce con la chiusura del Giubileo.
“Questo è il tempo della misericordia. Ogni giorno del nostro cammino è segnato dalla presenza di Dio che guida i nostri passi con la forza della grazia che lo Spirito infonde nel cuore per plasmarlo e renderlo capace di amare. È il tempo della misericordia per tutti e per ognuno, perché nessuno possa pensare di essere estraneo alla vicinanza di Dio e alla potenza della sua tenerezza. È il tempo della misericordia perché quanti sono deboli e indifesi, lontani e soli possano cogliere la presenza di fratelli e sorelle che li sorreggono nelle necessità. … È il tempo della misericordia perché ogni peccatore non si stanchi di chiedere perdono e sentire la mano del Padre che sempre accoglie e stringe a sé” (Misericordia et misera, 21).
Avete toccato con mano la misericordia di Dio in modo speciale durante l’Anno Santo, quando Papa Francesco ha vissuto con voi un “venerdì della misericordia“, visitando la Comunità San Carlo alle porte di Castel Gandolfo e condividendo con i 60 ragazzi ospiti di quella struttura un momento conviviale. Il Papa era tornato da pochi giorni dal Messico dove aveva condannato nuovamente con forza il narcotraffico.
“Le proporzioni del fenomeno, la complessità delle sue cause, l’immensità della sua estensione come metastasi che divora, la gravità della violenza che disgrega e delle sue sconvolte connessioni, non permettono a noi, Pastori della Chiesa, di rifugiarci in condanne generiche … bensì esigono un coraggio profetico e un serio e qualificato progetto pastorale per contribuire, gradualmente, a tessere quella delicata rete umana, senza la quale tutti saremmo fin dall’inizio distrutti da tale insidiosa minaccia. Solo cominciando dalle famiglie; avvicinandoci e abbracciando la periferia umana ed esistenziale dei territori desolati delle nostre città; coinvolgendo le comunità parrocchiali, le scuole, le istituzioni comunitarie, la comunità politica, le strutture di sicurezza; solo così si potrà liberare totalmente dalle acque in cui purtroppo annegano tante vite, sia la vita di chi muore come vittima, sia quella di chi davanti a Dio avrà sempre le mani macchiate di sangue, per quanto abbia il portafoglio pieno di denaro sporco e la coscienza anestetizzata” (Incontro con i Vescovi del Messico, 13 febbraio 2016).
Sono parole inequivocabili. La Chiesa sarà sempre contro ogni tipo di droga e dipendenza. Ma il Papa ci chiede uno sforzo in più. “Che bello sarebbe che come un ricordo, diciamo, un ‘monumento’ di quest’Anno della misericordia, ci fosse in ogni diocesi un’opera strutturale di misericordia: un ospedale, una casa per anziani, per bambini abbandonati, una scuola dove non ci fosse, una casa per recuperare i tossicodipendenti… Tante cose che si possono fare…” (Veglia di preghiera in occasione del Giubileo della Divina Misericordia, 2 aprile 2016).
Voi avete raccolto questo invito realizzando la “Casa di Sara“, che tra poco inaugureremo, per accogliere donne vittime di violenza, senza alcuna barriera discriminatoria, come è nello stile di Don Mario Picchi. Essa è intitolata a Sara Di Pietrantonio, che a 22 anni è stata uccisa dal suo ex fidanzato il 29 maggio scorso.
Carissimi mamma Concetta e papà Alberto, vi porto l’abbraccio e la preghiera di Papa Francesco. Non ci sono parole per esprimere il dolore di noi tutti davanti a un omicidio così efferato, che purtroppo fa parte di una catena che sembra senza fine. Le cronache ci raccontano di un femminicidio ogni tre giorni. È una strage di innocenti. Voi genitori di Sara sperimentate il dolore immenso che ha vissuto la Madonna quando ha visto il Figlio crocifisso. Siate certi che non siete soli e che non vi mancherà mai il nostro sostegno e la nostra preghiera.
Carissimi fratelli e sorelle, Papa Francesco vi porta nel suo cuore e offre ogni giorno la sua preghiera all’altare per ciascuno di voi e per le vostre famiglie, ricordandosi dei volti di tutti coloro che ha incontrato in questi “venerdì della misericordia” del Giubileo. Preghiamo per lui, perché il Signore lo conservi a lungo a guida della Chiesa e la Madonna, Madre del Signore Gesù e Madre nostra, protegga tutti noi nelle ore liete e tristi della vita.
A voi, a tutti gli operatori del Centro Italiano di Solidarietà don Mario Picchi e alle vostre famiglie, giungano i miei più cordiali auguri di Buon Natale e di un felice Anno Nuovo.
Pietro Card. Parolin
Segretario di Stato di Sua Santità