“Cosa rimarrà? Credo che di me rimarranno i gesti concreti di amore e di quella solidarietà che spezza l’egoismo e proietta verso l’alto. La mia capacità di offrire speranza agli smarriti di cuore. Le occasioni da me colte per essere un promotore di pace e di giustizia”.
don Mario Picchi
Parole di don Mario Picchi che, un anno dopo la sua scomparsa, risultano profetiche. L’eredità lasciata dal fondatore del CeIS, il Centro Italiano di Solidarietà di Roma, è viva ogni giorno nel lavoro quotidiano di chi, fra operatori e volontari, spende la propria vita a difesa dei più deboli e, in particolare, delle dipendenze. Sei i macro centri che erogano 20 servizi differenziati, dai bambini agli anziani. 3671 le persone che, ogni anno, chiedono aiuto alla struttura fondata dal don Mario.
Domenica 29 maggio Roma ha ricordato, ad un anno dalla sua scomparsa, don Mario Picchi con una messa celebrata da Monsignor Pier Gaetano Lugano presso la chiesa di Sant’Anna al Laterano.
“Sono invitati – ha spiegato Roberto Mineo, che da don Mario ha ricevuto il testimone – gli amici di sempre. Non è un appuntamento, diciamo così, istituzionale, ma un momento per stare insieme e raccogliersi in preghiera. La perdita di don Mario – ha continuato Mineo – è stata un duro colpo per noi tutti. Ma il suo lavoro, la sua vita spesa guardando al prossimo è stata per noi una bussola capace di orientarci al meglio. Il CeIS oggi, grazie a don Mario, resta un punto di riferimento essenziale per la città di Roma e il suo progetto, il Progetto Uomo, un esempio a livello nazionale e internazionale di come si aiutano i giovani, e non solo, a uscire dal tunnel drammatico della tossicodipendenza”.
Don Mario nelle parole del Sindaco Giovanni Alemanno…
“Un gigante della solidarietà che ha lasciato un segno profondo nella nostra città non solo con le numerose attività dedicate al sociale e all’assistenza degli ultimi, ma soprattutto per l’esempio della sua vita che ha donato interamente agli altri trasformandosi in un instancabile buon samaritano, soprattutto per i giovani che ha salvato dalla droga in oltre quaranta anni di attività del CeIS. Don Mario – cosi mi piace ricordarlo – per raggiungere il suo ideale, il suo amore all’uomo e al mondo era mosso oltre che da una molla interiore, dalla sua innata curiosità, che lo spingeva a tentare vie sempre nuove per liberare dal disagio e dalla sofferenza chi a lui si rivolgeva. Dalla prima sede del CeIS in piazza Cairoli, al centro di Roma, fino alle tante case fondate in tutta Italia. La porta sulla strada sempre aperta per accogliere più facilmente i giovani in difficoltà, facendo del suo Progetto Uomo un modello educativo e terapeutico per la lotta alla tossicodipendenza. Voglio annoverare don Mario Picchi tra i benefattori di Roma e la nostra citta lo vuole celebrare dedicandogli una strada. Entro l’estate porteremo all’attenzione dell’Assemblea capitolina questa nostra decisione che sono sicuro verrà accolta all’unanimità. Un piccolo segno di riconoscenza nei confronti di un uomo e un sacerdote che ha sempre guardato al futuro con il grande ottimismo della fede.”
Il pensiero dei suoi ragazzi…
L’uomo che è venuto a mancare 12 mesi fa era una persona straordinaria, che molti di noi hanno conosciuto personalmente, un uomo sicuro, consapevole, attento, comprensivo, disponibile, che amava la vita e ciò che la circonda. Altri ormai lo conoscono solo attraverso il suo lavoro, il suo progetto, il Progetto Uomo in queste parole è racchiusa la filosofia della sua vita e del suo lavoro: il CeIS. L’uomo prima di tutto, la persona come fonte di ricchezza e forza. Diceva che il tossicodipendente è una persona come un’altra solo con un problema in più.
Ho incontrato Mario una volta nel suo ufficio prima di entrare a San Carlo, non capivo il perché volesse incontrarmi, mi chiese di me, gli raccontai della mia vita, ricordo che ero un po’ in soggezione, lui se ne stava dietro la sua scrivania con dei tubicini che gli uscivano dal naso e finivano nel respiratore, aveva l’aria stanca come di un uomo che aveva vissuto appieno la sua vita; mi disse che andando nel posto giusto avrei trovato quello che cercavo. Lì capii il perché del mio disagio, aveva un livello di comunicazione diverso dagli altri uomini, attraverso i suoi occhi trasmetteva forza, comprensione, fiducia … Ora so perché mi ha voluto incontrare, doveva conoscere i suoi ragazzi, doveva trasmetterci la speranza, doveva guardare negli occhi gli ultimi e farli sentire meno soli, doveva dare forza a persone che l’avevano persa. Fa uno strano effetto quando sei affamato e qualcuno ti dona un pezzo di pane, fa ancora più effetto se viene fatto con il cuore, nei confronti di una persona che si sente l’ultimo, un relitto della società. Bé noi eravamo affamati di fiducia e comprensione e lui ci ha sfamato. Ci ha insegnato a conoscere noi stessi, a trovare dentro di noi la forza per superare gli ostacoli, ci ha insegnato a non fuggire, a guardare negli occhi ed a rispettare noi stessi. A Mario vorrei dire oggi che l’anno scorso è venuto a mancare il suo corpo ma il suo spirito continua a vivere in ognuno di noi…. i suoi ragazzi.
Grazie don Mario