Come nella realtà, nella vita virtuale che ruota attorno ai social network, ci sono i “secchioni”, i “diversi”, le “befane”. E ci sono i prepotenti, quelli che con un click riescono a imporre soprusi e violenza. Sono i cyber bulli.
Isolamento e depressione sono la conseguenza di questa violenza. Secondo un’inedita rilevazione Ipsos per Save the Children, i cyber bulli agiscono sui social network (63 per cento) con la diffusione di notizie false (57 per cento), foto e immagini denigratorie (54 per cento) o tramite la creazione di gruppi “contro” (56 per cento).
I cyber bulli non hanno limiti, possono fare e dire alla vittima qualsiasi cosa (67 per cento), con conseguenze anche molto gravi, come depressione (66 per cento), rifiuto della scuola (66 per cento) e degli amici (56 per cento). Questo pensano dei cyber bulli i ragazzi della Campania secondo quanto rilevato dalla ricerca “I ragazzi e il cyber bullismo” realizzata da Ipsos per Save the Children.
Secondo i ragazzi campani, il cyber bullo seleziona la preda basandosi molto sull’aspetto esteriore del coetaneo (67 per cento). I secchioni (65 per cento) e le più bruttine della classe sono prese di mira (63 per cento), come anche chi esprime gusti diversi in fatto di musica o di abbigliamento (61 per cento). Il cyber bullo rende la vita più difficile ai timidi (60 per cento), agli stranieri (43 per cento) e ai disabili (36 per cento). Nel suo mirino, anche il presunto orientamento sessuale della vittima (57 per cento). Per il 78 per cento dei minori intervistati la scuola rappresenta il luogo elettivo del bullismo, seguita dagli altri luoghi di aggregazione sociale, quali i locali o la piazzetta, (69 per cento) anche se per il 73 per cento dei ragazzi si può esser “puntati” ovunque. Inoltre per quasi la metà dei ragazzi campani (47 per cento), anche i luoghi dove si fa sport sono luoghi dove si può essere “puntati” dai cyber bulli, un valore nettamente superiore alla media nazionale (37 per cento).
“I ragazzi trascorrono gran parte del loro tempo tra i banchi ed è lì che sperimentano una buona fetta della loro socialità. Il ruolo della scuola è di primaria importanza per valutare ed implementare interventi mirati contro il dilagare del cyber bullismo. L’insegnante per il suo stesso ruolo è un'”antenna” pronta ad intercettare e leggere ciò che accade alle dinamiche relazionali della classe – afferma Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia – e, come tale, parte attiva insieme alla scuola nella costruzione di strategie preventive e di contrasto al fenomeno. I docenti però non vanno lasciati soli, il bullismo è un fenomeno complesso che spesso trae origine da un disagio profondo che riguarda il bullo, il gruppo così come la vittima, e richiede dunque strategie in grado di cogliere e gestire questo disagio. Quindi, uscire da un’ottica di emergenza legata al singolo caso ed entrare in un’ottica di interventi strutturali a lungo termine è la strada da continuare a percorrere”.
Come sono percepiti “vittima” e carnefice” dai loro coetanei? Solidali con il coetaneo perseguitato, l’82 per cento dei ragazzi campani intervistati pensa che la vittima non si meriti questa aggressione di branco (per il 71 per cento degli intervistati, uno comincia e gli altri gli vanno dietro, per il 19 per cento si diventa branco perché lo fanno tutti e per il 13 per cento lo si fa perché è divertente) e riconosce nel persecutore una persona fragile (il 56 per cento ritiene che attaccare gli altri faccia sentire più forti, il 36 per cento asserisce che aiuta a mantenere la leadership, vera o supposta, e per il 32 per cento chi attacca lo fa soprattutto per attirare l’attenzione).
Le conseguenze del cyber bullismo sono cicatrici difficili da sanare, prima tra tutte, per i ragazzi campani intervistati: l’isolamento. Per il 66 per cento chi lo subisce va in depressione e si rifiuta di andare a scuola o fare sport. Il 56 per cento afferma che le vittime non vogliono più uscire o vedere gli amici, il 45 per cento ha la percezione che potrebbero decidere di farsi del male o anche peggio.
Dall’indagine emerge chiaramente il ruolo di conforto dell’adulto in generale e della famiglia in particolare. Forte comunque la spinta all’apertura nella ricerca della soluzione: per il 68 per cento dei ragazzi campani bisogna parlarne con i genitori, con gli insegnanti (45 per cento) o con gli amici (42 per cento), il 27 per cento suggerisce di cambiare frequentazioni, per il 23 per cento bisogna chiudere il profilo o sospendere la sim, per il 23 per cento occorre segnalare l’abuso online.
Quando si chiede ai ragazzi quali misure adottare per arginare il fenomeno, il 51 per cento suggerisce attività di informazione, sensibilizzazione e prevenzione con il coinvolgimento della scuola, delle istituzioni e degli stessi genitori. Infatti nonostante più della metà delle mamme (53 per cento) condivida foto e informazioni con i figli sui social network e conosca le password per monitorare l’attività on line dei figli, 37 per cento dei ragazzi chiede maggiore vigilanza da parte dei genitori e ai gestori delle piattaforme social chiedono di adottare contromisure per la protezione dei minori (36 per cento).
“Bisogna mettere a disposizione dei ragazzi sistemi semplici e diretti che permettano loro di segnalare situazioni a rischio o addirittura di pericolo – conclude Valerio Neri – Unendo le forze di aziende, istituzioni scolastiche e governative, e contando sul ruolo chiave della famiglia, si può lavorare assieme con l’obiettivo di sviluppare nei ragazzi e nelle ragazze le competenze emotive necessarie per costruire relazioni significative con gli altri”.
L’importanza del lavorare insieme fra le realtà interessate è testimoniata dal lavoro che Save the Children porta avanti in seno al Comitato per la Promozione e la Tutela dei Diritti online dei minori, che l’anno scorso in occasione del Safer Internet Day ha presentato alla Camera dei Deputati la sua agenda strategica. L’Organizzazione inoltre promuove numerose attività per sensibilizzare i più giovani su un utilizzo corretto e consapevole dei new media. Per trattare un tema delicato come il cyber bullismo, l’organizzazione ha sviluppato una serie di strumenti per parlare ai ragazzi con il linguaggio e il tono proprio della loro età, tra cui un cartoon sul fenomeno, disponibile anche in una applicazione per Apple e Android che stimola i ragazzi a riflettere sul tema. Il cartoon racconta le disavventure di Gaetano, un ragazzino preso di mira da propri coetanei cyber bulli, e attraverso i consigli di un coach virtuale sensibilizza i ragazzi sui comportamenti virtuosi da adottare, come singoli e come membri di un gruppo, e sulle conseguenze di ogni loro azione. Inoltre è stato realizzato un manuale per insegnanti per guidarli nell’utilizzo di questi strumenti di sensibilizzazione.
Fonte: repubblica.it 4 febbraio 2013