Non è reato il consumo di gruppo di droga ed è «penalmente irrilevante» l’acquisto di stupefacenti per uso collettivo. È il responso delle Sezioni unite della Cassazione su un contrasto giurisprudenziale sorto dopo l’introduzione della Legge Fini-Giovanardi: se infatti in precedenza il consumo di gruppo non veniva di norma considerato reato, le novità introdotte dalla legge n. 49 del 2006 avevano dato luogo a decisioni di segno opposto.
Il quesito su cui hanno deciso i giudici della Suprema Corte era «se a seguito della novella introdotta dalla legge n.49 del 2006, il consumo di gruppo di sostanze stupefacenti sia o meno penalmente rilevante, nella duplice ipotesi di mandato all’acquisto o dell’acquisto comune». E il responso delle Sezioni unite, presiedute dal primo presidente Ernesto Lupo, è che «è penalmente irrilevante in entrambe le ipotesi».
Al centro del contrasto giurisprudenziale c’è il concetto di «uso esclusivamente personale» che, nell’art. 73 della legge, funge da discrimine tra la responsabilità penale e quella solo amministrativa. Secondo l’orientamento prevalente, sancito dalla Sezione sesta della Cassazione (sentenza 8366 del gennaio 2011), l’acquisto o la detenzione di stupefacente destinato ad essere consumato, in luogo e in tempi certi, da un gruppo predeterminato di soggetti, deve essere ritenuto un illecito amministrativo rientrando questa fattispecie, appunto, nell’uso «esclusivamente personale». Un’altra sentenza, questa volta della Sezione terza della Cassazione (la 35706, dell’aprile 2011) ha invece dato un’interpretazione restrittiva della norma, sostenendo che il concetto di uso collettivo di stupefacenti è incompatibile con quello di uso esclusivamente personale.
Aderendo alla prima impostazione, il gup di Avellino il 28 giugno 2011 aveva dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di un uomo «perché il fatto non sussiste», per il reato di uso di stupefacenti. La parte civile ha fatto ricorso e su questo si sono pronunciate le Sezioni unite penali, che l’hanno rigettato, sostenendo dunque la fondatezza dell’orientamento adottato in modo unanime prima della legge.
In attesa delle motivazioni della decisione, che si conosceranno con il deposito (oggi è stata solo distribuita una `informazione provvisoria´ al termine dell’udienza), non si sono fatti attendere i commenti. A cominciare da quello dello stesso Giovanardi (uno dei `padri´ della legge), che, con Maurizio Gasparri (Pdl), spiega come la sentenza della Cassazione non abbia portato novità: «l’Italia ha depenalizzato l’uso esclusivamente personale delle sostanze mentre giustamente ritiene reato lo spaccio: spetta naturalmente alla magistratura stabilire se nel caso esaminato, che è quello del consumo di gruppo, siamo nell’ambito dell’una o dell’altra fattispecie».
Secondo Ferrero e Russo Spena, di Rifondazione, «bene ha fatto la Cassazione, che ha detto che non è reato il consumo di gruppo di sostanze stupefacenti. La legge Fini-Giovanardi va abolita: la criminalizzazione dei consumatori è una strategia totalmente inefficace. Bisogna invece legalizzare le droghe leggere e depenalizzare il consumo». Anche Franco Corleone, segretario di Forum Droghe, è dell’avviso che Fini-Giovanardi sia una legge «criminogena» e che «bisogna depenalizzare la detenzione tout court».
Giovanni Serpelloni, capo del Dipartimento nazionale politiche antidroga della presidenza del Consiglio (Dpa), chiarisce che «il consumo di sostanze stupefacenti che sia personale o di gruppo non è mai reato», ma «solo una violazione di tipo amministrativo». Il problema può nascere nel momento in cui c’è qualcuno che compra droga per il gruppo, acquistando dunque una quantità che supera la soglia del consumo individuale prevista dalla legge e oltre la quale si prefigura lo spaccio, che è reato. Ma, «anche in questo caso, c’è reato solo nel momento in cui tu vendi a terzi, non se la compri per il gruppo».
fonte: www.lastampa.it